venerdì 27 giugno 2008

Un grido dal cuore della rivoluzione francese: “Fraternité!”

(…) Prima ancora che questa nuova legge di proscrizione, che doveva sopprimere ogni culto cattolico, potesse venire applicata, si ebbe uno degli avvenimenti più spaventosi della storia francese, le stragi di settembre.


(…) La strage in massa, compreso l’apprestamento delle tombe per le vittime, fu preparata sistematicamente da ribaldi al servizio del Consiglio comunale e dal ministro della giustizia Danton.

La Domenica 2 settembre, alle 3 del pomeriggio, cominciò l’eccidio, che durò fino al 7 settembre.
Si leggono con raccapriccio i resoconti dei contemporanei sugli orrori perpetrati in questa circostanza; l’inglese Moore, che allora viveva a Parigi, giudica che gli annali della malvagità non avevano avuto ancora da indicare simili atrocità. Il numero dei massacrati ammontò almeno a 1400, di cui 225 preti, cui sono da giungere ancora quelli messi a morte nell’ex abbazia benedettina di St. Germain-des-Près, di cui non si può più stabilire il numero. Neppure un ecclesiastico volle salvare la vita col giuramento [alla Costituzione civile del clero ndr]; essi andarono alla morte, come dice stupefatto uno dei loro stessi carnefici, così ilari e gioiosi come se andassero a nozze.

(…) Fra i pochi sfuggiti alla carneficina si trovarono il direttore dell’Istituto dei sordomuti abbé Sicari, che per due giorni dovette assistere all’eccidio nell’abbazia, e l’agente segreto del papa, l’abate Salamon che nelle sue Memorie ha descritto la sua passione.

(…) Venne portato al municipio davanti la commissione di sorveglianza.

“Ecco un delinquente, maturo per la ghigliottina”, gli gridò uno dei consiglieri presenti. “E’ questo il linguaggio di un popolo che si chiama libero?”, replicò il Salamon.
Alle domande rivoltegli non rispose. Lo si portò alla Mairie in custodia provvisoria e il 1° settembre con gli altri prigionieri alle 11 di notte all’Abbazia. Il 2 settembre il carceriere si precipitò dentro dicendo: “Fate presto, il popolo prende d’assalto le prigioni ed ha cominciato già a far strage dei prigionieri”. Già penetravano nella prigione i cupi rumori della folla inferocita, e i prigionieri vi si preparavano alla morte confessandosi.

 Verso le 11 e mezzo si bussò violentemente alla porta. Era necessario agire prontamente. I prigionieri, fra cui anche il Salamon, saltarono dalla finestra nel cortile a 14 piedi in basso. Ma anche là era già penetrata la plebaglia furente. Cominciò subito l’interrogatorio, che ebbe inizio dal vecchio parroco di Saint – Jeanen- Grève. “Hai prestato giuramento alla Costituzione civile?”. “No, non l’ho prestato”. Appena pronunciate queste parole, un colpo di sciabola abbatté il parroco. Altri colpi di sciabola compirono l’opera raccapricciante. Il Salamon dovette assistere al macello spietato degli ecclesiastici suoi compagni di sventura uno dopo l’altro. Egli si preparava alla morte pregando in silenzio. (…)

 (…) Il giorno dopo egli quindi poté finalmente lasciare il luogo dei suoi dolori. Prima di allontanarsi, vide dalla finestra un membro del Consiglio comunale, ornato della sciarpa tricolore, distribuire denaro ai sicari [il “popolo” non erano altro che delinquenti pagati a tali fini ndr]; per avere di più, questi disputavano a chi di loro avesse sguazzato più profondamente nel sangue. 

(Von Pastor – “Storia di Papi”, Volume XVI, Pio VI, 1775 – 1799, Parte III)

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