La storia e i suoi grandi personaggi - Capitolo III
Le persecuzioni, rimedio alla tiepidezza.
Queste persecuzioni avevano per la Chiesa il vantaggio di depurarla dagli elementi meno degni. Di ciò si ha un esempio con la persecuzione di Decio, che regnò dal 249 al 251. Queste tempeste che si scatenavano sulla Chiesa lungo il corso dei secoli, conoscevano a volte intervalli di quiete, ma anche, all'improvviso, tali eccessi di violenza da potersi considerare una guerra di sterminio: più nessuna mezza misura, nessuna distinzione fra cristiani denunciati e non denunciati. Non era infatti il castigo che il persecutore cercava: il suo disegno diabolico era di costringere i cristiani alla apostasia. Per questo fu adottata una spaventosa specializzazione nelle torture.
Imperatore Decio
L'editto di Decio non diceva più: "Chiunque si dichiari cristiano sia condannato a morte", ma diceva: "chiunque si dichiari cristiano sia torturato fino a quando non abbia abiurato la propria fede". Questo editto fu comunicato ai governatori di tutte le provincie e mai la rabbia del paganesimo si mostrò più crudele: le grate ardenti, la acque bollenti, il piombo fuso, i pettini di ferro, gli artigli d'acciaio, i cavalletti, le sedie di fuoco, tutto quanto la barbarie può immaginare di più terribile, fu adoperato contro i fedeli perché abiurassero.
Dalla morte di Settimo Severo, persecutore della Chiesa, fino all'avvento di Decio, nuovo persecutore, era trascorso un periodo di 38 anni durante il quale la Chiesa aveva sofferto soltanto un persecuzione violenta, ma breve. Durante questi anni di pace la fede aveva fatto grandi progressi e questo periodo per la Chiesa fu di grande prosperità. Ma incombeva un grande pericolo: il rammollimento dei costumi causato dalla tranquillità, dal benessere e dal vivere a contattato con la società pagana. La fragilità umana esponeva i cristiani al pericolo di crescere molto di numero, ma di vedere raffreddare il fervore fra molti. Gli spettacoli, le feste, il lusso e i piaceri, la cui seduzione assediava i cristiani, ebbero ragione di molte persone che davanti al rigore dei tormenti si erano mantenute fedeli. Questo fenomeno deplorevole si era manifestato principalmente in Africa.
Martirio di San Cipriano Vescovo di Cartagine
S. Cipriano, vescovo africano e martire, descrivendo questo periodo dice: "Si videro fedeli intenti ad accumulare ricchezze con una cupidigia maggiore di quella dei pagani. La truffa e la rapina disonoravano quelli che si dedicavano al commercio; le calunnie e le querele non erano più un fatto raro fra di noi; il male guadagnava gli stessi capi della Chiesa. In vari luoghi il clero compiva con negligenza i propri doveri a causa di interessi terreni e sporcava il suo sacerdozio con il lusso, la tirchieria e la mondanità.
Quando esplose la crudelissima persecuzione di Decio, vi furono numerose defezioni. Tuttavia, a fianco di queste deplorevoli apostasie il numero dei martiri fu immenso. L'Africa fu inondata di sangue. La Chiesa di Alessandria, così come la Chiesa di Cartagine e tutte le province, ebbero la gloria di dare a Dio un gran numero di martiri. I magistrati dell'Impero sospendevano tutte le altre questioni per dedicarsi esclusivamente alla cattura e al supplizio dei cristiani.
Anche l'Oriente fu insanguinato crudelmente, ma a fianco di questo spettacolo ammirevole, abbiamo la nascita del monachesimo orientale: cristiani stanchi di un mondo corrotto, spossati dai tumulti sanguinosi e timorosi per la loro perseveranza, lasciavano la loro casa e i loro beni per chiedere alla solitudine la libera professione della loro fede e virtù. S. Paolo e S. Antonio, alla testa di quei cristiani, ponevano nella bassa Tebaide le prime pietre di queste meravigliose comunità di eremiti del deserto.
Sotto Diocleziano l'auge dell'epopea.
L'ultima fase del periodo della grandi persecuzioni dell'Impero Romano contro i cristiani fu anche la più virulenta di tutte. Essa corrisponde alla persecuzione di Diocleziano, che regnò dal 284 al 305. Tale fu l'aspetto e la violenza di questa persecuzione che spesso viene chiamata col nome di "era dei martiri". Questa persecuzione crudelissima ebbe un preludio, anch'esso molto crudele, in cui abbiamo un tipico esempio del coraggio dei cristiani, nel martirio della Legione Tebea. Essendo in guerra con dei popoli barbari, Massimiliano (che era collega di governo designato da Diocleziano) ordinò alle sue truppe di offrire un sacrificio agli dei pagani. Fra le sue truppe c'era la legione detta "Tebea", composta esclusivamente di cristiani. Incoraggiata dal suo capo, s. Maurizio, e dai suoi due luogotenenti, anch'essi dei santi, l'intera legione rifiutò intrepidamente di offrire dei sacrifici idolatri. Massimiliano la fece decimare una prima volta, cioè sorteggiò un soldato su dieci allo scopo di ucciderlo.
San Maurizio
Non riuscendo con questo ad abbattere la fortezza degli altri cristiani, Massimiliano procedette a una seconda e a una terza decimazione. La sua crudeltà continuò ad essere inutile. "Noi siamo tuoi soldati - gli dicevano questi eroi - ma siamo anche dei servitori di Dio. Le nostre mani sono pronte a combattere i nemici, ma siamo a disposti a morire prima di mancare alla fede giurata al nostro Dio". Tutta la legione fu passata a fil di spada: essa contava 6.000 uomini.
Quando, infine, fu scatenata la persecuzione propriamente detta, si vide il sangue scorrere a fiumi per tutto l'Impero. Si giunse persino a mettere agli inizi dei ponti, nei mercati e anche nelle strade, dei piccoli idoli a fianco dei quali vi erano uomini incaricati di costringere i passanti a fare dei sacrifici alle statuette. Contemporaneamente fu prescritto ai giudici di impegnare tutta la loro immaginazione allo scopo di inventare i supplizi più crudeli per costringere all'apostasia.
Santa Lucia martire sotto Diocleziano
Una moltitudine infinita trionfò eroicamente delle torture mortali. A Nicomedia, residenza di Diocleziano, furono uccisi un gran numero di ufficiali dello stesso palazzo imperiale. A Roma l'arena del Colosseo fu inondata di sangue. in Egitto il Nilo inghiottì innumerevoli vittime. Ogni giorno, per il corso di 10 anni, nella sola Tebaide vennero immolati 10, 20, 60 e qualche volta anche 100 cristiani, uomini, donne e bambini, attraverso i più diversi supplizi.
Lo storico Eusebio vide in un solo giorno un così grande numero di cristiani decapitati dopo la tortura che i ferri utilizzati erano diventati spannati e i carnefici parevano stremati dalla fatica. In altri luoghi intere città furono bruciate coi loro abitanti. In altri posti ancora, per far più presto si procedette ad affogamenti di massa. Nelle città dove l'odio dei nemici era maggiore, molti cristiani, invece di fuggire, si offrirono liberamente ai giudici, mentre altri arrivarono a distruggere pubblicamente gli idoli, provocando così la furia dei pagani.
Più tardi l'imperatore Costantino poté dire ai vescovi riuniti nel Concilio di Nicea, parlando della persecuzione di Diocleziano: "Se fossero stati uccisi tanti barbari quanti furono i cristiani, la pace dell'Impero sarebbe stata assicurata per sempre". Soltanto in una regione non vi furono persecuzioni. Fu nella regione della Gallia, data al governo di Costanzo Cloro e poi a suo figlio Costantino, rispettivamente sposo e figlio di Sant'Elena. Costanzo arrivò perfino ad usare uno stratagemma verso gli ufficiali: finse di forzarli all'apostasia e quelli che cedettero vennero puniti: "Che fedeltà avranno all'imperatore - diceva egli - coloro che sono traditori e spergiuri verso il loro stesso Dio?".
Ad aumentare ulteriormente la gloria dei cristiani sta il fatto che i loro tormenti fisici erano stesso accompagnati da grandi dolori morali. Si videro cristiani resistere alle suppliche del vecchio padre, della loro sposa, dei figli o dello stesso giudice, che mosso da falsa compassione stimolava i martiri a non abbandonare la propria famiglia e a non sacrificarla a causa della fede: e questo molte volte al termine di ogni supplizio. Il capriccio satanico e la falsa pietà del giudice sottoposero molte volte le cristiane a una prova ancora più penosa: avvisate che se avessero rifiutato di abiurare non avrebbero perso la vita ma la purezza, esse trovarono nella fede l'energia sufficiente per sfidare un pericolo ai loro occhi mille volte peggiore di tutti gli altri supplizi.
"In hoc signo vinces": comincia l'era di Costantino.
La Chiesa cercava sempre le reliquie dei martiri da onorare e da venerare. Fin dalle origini Ella conservò piamente queste reliquie nelle catacombe, cioè, nei cimiteri sotterranei in cui i martiri erano stati sepolti. I tumuli dei martiri servivano da altari per dire la S. Messa.
Frattanto la tremenda lotta fra il paganesimo e la Chiesa giungeva al suo epilogo. Costantino era divenuto il Cesare che regnava in Occidente. In Oriente regnava un altro Cesare, Massenzio, figlio di quel Massimiliano di cui si é già detto. Fra i due cesari vi era un'opposizione tale di idee e di politica che lo scontro era inevitabile. Siccome Costantino favoriva i cristiani, Massenzio si appoggiava ai pagani e trattava Costantino da nemico. Egli giunse a fare abbattere la statua di Costantino in Roma: fu allora che questi gli dichiarò guerra. Costantino attraversava la Gallia per attaccare l'Italia, quando un giorno, al tramonto, assieme ai suoi legionari, vide una Croce luminosa che scendeva da sopra il sole, sulla quale erano scritte le seguenti parole: "In hoc signo vinces": con questo segno sarai vincitore. La notte seguente Cristo gli apparve in sogno e gli ordinò di far fare uno stendardo con disegnata la Croce che egli aveva visto nel cielo. Costantino obbedì, e fece precedere i suoi eserciti da uno stendardo (in latino "Labarum") con disegnata la croce e il monogramma di Cristo, le lettere "X" e "P". Da allora le sue legioni divennero invincibili: egli avanzò contro il suo nemico, lo affrontò a Ponte Milvia e lo sconfisse completamente nonostante la sua grande superiorità numerica. Il trionfo di Costantino divenne così la vittoria di Cristo sugli dei del paganesimo. L'anno seguente, il 313 d.C., Costantino imperatore d'Occidente e il suo collega d'Oriente, si riunirono a Milano e pubblicarono il famoso "Editto di Milano" che lasciava ai cristiani la libertà di culto e ordinava la restituzione dei beni confiscati loro.
continua...
Come per il cristiano non esiste una filosofia a sé stante,
così non esiste per lui neppure una Storia puramente umana...
la Storia rappresenta il grande palcoscenico sul quale si dispiega nella sua interezza
l'importanza dell'elemento soprannaturale,
sia quando la docilità dei popoli alla fede consente a tale elemento di prevalere
sulle tendenze basse e perverse presenti nelle nazioni come negli individui,
sia quando esso si indebolisce e sembra sparire a causa del cattivo uso della libertà umana
che porterebbe al suicidio degli imperi...
(Dom Prosper Gueranger O.S.B., Abate di Solesmes)
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