Quando vidi per la prima volta questa fisionomia (il dipinto fu eseguito da un fratello del Santo) mi spaventai. La sorpresa che dominò il mio spirito era spiegabile: un volto così positivo, che riflette un uomo dallo sguardo così lucido, così intelligente con una capacità tale da condurre e dirigere le cose, di farle andare avanti con tanta diplomazia - a mio avviso - potrebbe essere qualificato, a mio avviso, come quello di un diplomatico “camuffato da prete”.
Egli visse nel secolo XIX, si chiamava Giuseppe Benedetto Cottolengo. La testa è ricoperta dal cappello ecclesiastico, la cosiddetta berretta, nella quale si notano a sinistra, tre spicchi: rappresentano l’Unità e la Trinità divina. Un bel simbolo della Chiesa. Sul viso florido, c’è decisione. Ciò che vuole, lo desidera effettivamente. Gli occhi sono di dimensioni medie, quasi grandi. Uno sguardo vivace, che manifesta da un lato la risolutezza e la capacità di fare, quel che i suoi illustri patrizi - gli italiani - definiscono con l’espressione "fare delle combinazioni"; ma dall'altro lato, rivela uno spirito fermo che sembra dire: "Andiamo avanti e qualsiasi complicazione sopravvenga, io l’abbatto".
Tutto questo talento fu applicato, per un disegno della Divina Provvidenza, in un’opera di carità tra le più insigni registrate dalla Storia della Chiesa.
Infatti, a Torino ebbi occasione di visitare questa opera di carità: un ospedale chiamato Il Cottolengo. Che cosa è Il Cottolengo? Il Santo, ispirato dalla grazia divina, maturò la risoluzione secondo la quale assolutamente tutti gli autentici poveri che gli si fossero presentati, avendo soldi o meno, venendo da qualsiasi parte, sarebbero stati accolti nella sua opera. In quei tempi Torino era la capitale del Regno del Piemonte. Il Santo avrebbe potuto dire: "Ricevo solo i poveri del Piemonte, che sono già tanti! Gli altri incontreranno sacerdoti caritatevoli nei loro paesi, ma non qui!". Eppure, egli accoglieva poveri da ogni provenienza.
Vi era un dettame stabilito dalla Madonna - che appariva al Santo con frequenza - di non conservare soldi da un giorno all’altro. Di conseguenza, quando si faceva notte, San Giuseppe da Cottolengo era obbligato - facendolo personalmente, o per mezzo di qualche suo sacerdote - a distribuire il denaro restante ai poveri. Se, per inavvertenza, rimaneva una moneta dentro l'ospedale, egli non riusciva a prendere sonno!
Questo ospedale crebbe tanto che si trasformò in una sorta piccola città all’interno di Torino. San Giuseppe da Cottolengo trascorreva tutto il giorno dirigendolo, accogliendo persone e confessando gli ammalati. Formò sacerdoti e fondò una specie di istituto religioso. Dentro questo insieme monumentale, che fu costruito con le elemosine che otteneva, c'era un appartamento, con mobilia veramente povera, dove il Santo abitava. Ancora oggi esiste la sedia sulla quale la Madonna, durante le apparizioni più lunghe, si sedeva per parlare con lui.
Un Santo di tale calibro d’animo ebbe, nondimeno, un amico alla sua altezza: San Giovanni Bosco. Quindi, si consultavano mutuamente.
Faccio notare che il tipo di opere di carità attuate da San Giuseppe da Cottolengo, sono precisamente quelle che il Comunismo detesta. Infatti, Marx inveì contro la carità. Egli affermava che questa virtù è un ausilio prestato da un possidente a un altro che non possiede. Quindi, la carità porterebbe con se l'idea del possedere e del non possedere, supponendo dunque una impostazione d’animo anticomunista. Secondo Marx la cosa giusta non consiste nel fatto che un possidente dia spontaneamente a un carente, bensì in questo: chi non possiede deve strappare le cose a chi possiede, usando la violenza.
All'inizio abbiamo esposto l’atteggiamento di un Santo. Alla fine, costatiamo la smorfia del demonio!
(Plinio Corrêa de Oliveira, 17 Gennaio 1986 – Catolicismo, Gennaio 2001)
Nessun commento:
Posta un commento