Ho notato che nei mezzi di comunicazione non si parla più di comunismo. Questa potrebbe apparire una grande vittoria contro quella che Plinio Corrêa de Oliveira definiva la Terza rivoluzione. Ma è davvero così?
Ho avuto modo di leggere vari articoli di giornale che invece dimostrano come nel nostro paese il comunismo non sia proprio sparito: a Roma è stata inaugurata una mostra celebrativa dei settant’anni del partito comunista che esalta il ruolo del PCI ma mette da parte le nefandezze delle quali i suoi gerarchi si sono fatti complici e non sono stati giudicati in un tribunale come quello di Norimberga. Un altro esempio è stato l’ultimo festival di Sanremo che, in diverse momenti (la canzone vincitrice, uno sketch dei comici Luca e Paolo con colbacco e pugno alzato) ha mostrato una moderata, sottile, ma inevitabile, simpatia verso gli ideali comunisti, addirittura inserendoli nell’ambito del festeggiamento del 150° anniversario dell’unità d’Italia.
Questi sono soltanto alcuni piccoli esempi che mostrano come oggi la rivoluzione in senso comunista sia in uno di quei periodi che il Dott. Plinio definisce d’apparente tranquillità, ma che in realtà nasconde “una fermentazione rivoluzionaria sorda e profonda”.
Reputo sia il caso di tenere le orecchie attente in attesa di un nuovo ululato del lupo rosso. Che ne pensate?
(Claudio Accardi)
E fecero entrare il cavallo nella città di Troia…
Il compromesso dell’adozione “mite”
In un mondo dove tanti bambini vivono disagiatamente perché cresciuti in famiglie mutilate, per l’assenza di un genitore o per la separazione dei coniugi, la Cassazione italiana, accettando di riconoscere l’adozione ad una mamma single, ha aperto il dibattito sull’adozione da parte di single.
È stata chiamata adozione “mite”, e mi chiedo qual è il contrario di mite: normale o crudele? Perché costringere un bambino a vivere in una situazione mite e non normale? Ciò è già legale in Germania, Francia e nella già cattolicissima Spagna.
D'altronde, è stata immediata la reazione del Vaticano che chiarisce subito la linea: «La priorità è il bene del bambino, che esige un padre e una madre». Per il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia «questa dovrebbe essere la normalità». Inoltre, Carlo Giovanardi, presidente della Commissione adozioni internazionali non condivide l’invito della Corte a legiferare in favore dell’adozione ai single in quanto «il Parlamento ha trovato una soluzione all’unanimità, nel 2001 […], sul fatto che il bimbo adottato ha diritto ad avere un padre e una madre che lo accolgano».
Mi sorge quindi un dubbio: l’adozione serve a soddisfare l’istinto di sociabilità degli adulti, per colmare il loro senso di solitudine e il loro bisogno di riversare affetto su qualcuno o qualcosa, oppure serve ad assicurare una situazione più equilibrata ai bambini provenienti da ambienti disagiati?
Lascio a voi la riflessione in merito.
(Stefania De Luca)
Attenti quando la Rivoluzione propone la sua “liberté”
L’eutanasia offre un’alternativa: omicidio o suicidio
“Ci troviamo di fronte ad uno scontro immane tra la ‘cultura della morte’ e la ‘cultura della vita’”. Così scriveva Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium Vitae, e il problema sembra ripresentarsi…
In effetti, è in discussione alla Camera dei deputati il disegno di legge sul fine vita. Tra discussioni e polemiche, tra favorevoli e contrari, ha attirato la mia attenzione un articolo-appello apparso sul giornale cattolico Avvenire. I firmatari dell’articolo sostengono la necessità di questa legge, ritenendola un modo per “drenare una giurisprudenza sempre più orientata a riconoscere il ‘diritto’ a una morte medicalmente assistita”. Ma il cardinale Angelo Bagnasco dichiara: “Infatti i malati terminali rischierebbero di essere preda di decisioni altrui”.
E ora mi chiedo e vi chiedo: Non siamo davanti a un falso problema? Accettare la legge sul fine vita non significa forse aprire le porte a una legge sull’eutanasia stessa? E quindi sorge spontanea una domanda: L’eutanasia diventa accettabile se è volontà dell’individuo? O vogliamo scegliere incondizionatamente a favore della vita?
Scrive Paolo VI: “Senza il consenso dell’individuo l’eutanasia è un omicidio, con il suo consenso un suicidio. Ciò che è moralmente un crimine non può essere considerato in alcun modo legale”. E quindi non solo ci troviamo di fronte a una violazione del principio del favor vitae al quale il nostro ordinamento si ispira (art. 32 della Costituzione) ma siamo davanti e, forse lo stiamo dimenticando, a un crimine contro la persona umana! Chi può arrogarsi il diritto di ledere la vita ad un altro? Chi ha il diritto di violare la sacralità della vita? Neppure noi stessi perché “non possiamo disporre della nostra vita di cui non siamo causa”.
E, infine, chi ci garantisce che la “dolce morte” venga decisa per porre fine a una sofferenza insopportabile e non per un’altra ragione magari economica?
(Rosanna Aiello)
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