martedì 7 luglio 2009

L’autogestione, testa di ponte del comunismo

Intervista.


D. Lei afferma che il Messaggio pubblicato dalla TFP ha come obiettivo di illuminare l'opinione pubblica occidentale sulla vera fisionomia del socialismo autogestionario. Non ritiene però che il carattere strettamente dottrinario di tale Messaggio abbia come risultato un'analisi parziale del governo Mitterrand?

R. Non è un'analisi del governo Mitterrand, perché una tale analisi sarebbe una considerazione in blocco di tutto ciò che ha fatto il governo. E' al contrario un'analisi di un aspetto dottrinario del governo Mitterrand, di una linea che esso segue. Vi è una serie di altri aspetti della sua attività che non sono considerati, il che è evidentemente legittimo in un lavoro di questa natura. E' stato quanto ho fatto. Nello scrivere il Messaggio ho analizzato questo aspetto.
D. Perché, a suo avviso, il socialismo autogestionario è peggiore del comunismo?

R. E' peggiore nel senso che il socialismo autogestionario è la meta verso cui tende il comunismo. Quando il comunismo si sentirà realizzato in tutti i suoi effetti e in tutti i suoi obiettivi, darà luogo a un socialismo autogestionario. Si tratta di una marcia progressiva del comunismo verso l'autogestione. In un processo, il punto d'arrivo è sempre più perfezionato del punto di partenza o dei punti intermedi. Il socialismo autogestionario di Mitterrand si applica gradualmente, per tappe. Per questo non giunge subito alle sue ultime conseguenze, ma tende a pervenirvi attraverso una preparazione a questo della società e dello stesso uomo francese.
D. Lei sostiene, nel Messaggio, che il Projet socialiste pour la France des années ‘80, accetta ed assume per intero l'eredità politica radicalmente egualitaria accumulatasi in Francia a partire dal 1789. Che c'è di male nella trilogia « Libertà, Uguaglianza, Fraternità »?

R. Occorre distinguere. Mitterrand afferma di essere discendente di un socialismo autogestionario, discendente della Rivoluzione francese e di applicare in tutte le sue conseguenze la trilogia “libertà, uguaglianza, fraternità”. Io e la TFP dichiariamo che si tratta di una trilogia ambigua, che è stata male interpretata. Quelli che la interpretano più radicalmente arrivano alle conseguenze cui giunge Mitterrand.
D. In particolare, per Lei qual'è il significato di queste tre parole: libertà, uguaglianza e fraternità?

R. Il significato è ambiguo. Se Lei intende come libertà la libertà assoluta, in modo che non si abbia nessuna forma di potere — ed è quel che per esempio volevano gli studenti della Sorbona — e se si prende come uguaglianza l'uguaglianza totale, che elimina qualsiasi possibilità di differenza a qualsiasi livello tra un uomo e l'altro e, per fraternità, una specie di normalità di convivenza che risulterebbe soltanto dall'uguaglianza e dalla libertà completa, ecco che Lei ha l'autogestione. In una fabbrica autogestionaria, ad esempio, il corpo autogestionario vota tutto quello che riguarda l'impresa, pur avendo un potere limitato sull'impresa, ma l'operaio non ha neppure il diritto di sciopero contro la maggioranza. Non vi è nessuna affermazione di questo diritto nei documenti del Partito socialista francese. Dove è dunque la libertà?
D. L'egualitarismo, secondo il Messaggio, conduce necessariamente a una produzione inferiore alla somma di capacità del lavoro di un paese. Questo può essere tradotto come un'elegia dell'individualità. Perché allora la TFP assume una posizione contraria ai diritti di base garantiti da Mitterrand agli individui fino ad oggi discriminati dalla società, come gli omosessuali e le ragazze-madri?

R. È quasi il contrario. La società che la TFP si propone di difendere è una società che sta evolvendo verso il socialismo, ma che procede da un'origine cristiana. Considerando il principio di sussidiarietà, ricordato molto bene da Pio XII — « la società, lo Stato e i corpi intermedi fanno per l'individuo quello che egli non può fare da solo » — lo Stato fa a sua volta, in relazione ai corpi intermedi, ciò che questi non possono fare da soli. Lo Stato si colloca pertanto nella fascia di chi si limita a fare ciò che gli altri non possono. Ora non vedo niente di questo nel socialismo.
D. E nel capitalismo?

R. Neppure nel sistema capitalista. Trovo che in questa società capitalista il ruolo delle società intermedie è molto diminuito, in maniera che c'è una sorta di squilibrio tra lo Stato e l'individuo. (…)
D. Lei prevede che quando lo Stato laico comincerà ad educare i bambini a due anni di età e la famiglia sarà equiparata al concubinato (la sua interpretazione del socialismo di Mitterrand) le chiese si vuoteranno. Non ha detto l'apostolo Giovanni (3, 16) che tutti quelli che crederanno in Gesù Cristo saranno redenti? La Chiesa deve dunque segregare i suoi fedeli?

R. Non dico che essa deve segregare i suoi fedeli. Il suo ruolo è quello del buon pastore. Quel che accade è che le persone non cercheranno la Chiesa per incompatibilità; ma essa si renderebbe facilmente incomprensibile per le persone. Non che essa escluda; il fatto è che le persone educate in un sistema interamente diverso, corrono il rischio di non capire e anche di non seguire i suoi Comandamenti, che sono l'opposto di questo.
D. Che cosa ha a che vedere Mitterrand con Walesa, come Lei afferma nel suo Messaggio?

R. Se noi esaminiamo ciò che risulta in Occidente del programma di Walesa, questo programma è autogestionario. Egli si presenta come propugnatore — si presentava fino a qualche tempo fa, ora è cambiato — di una forma di regime sociale ed economico che non fosse né il socialismo né il capitalismo. Esaminando le sue dichiarazioni più da vicino, tutta l'impressione che se ne ha è che egli desideri l'autogestione. Mitterrand, a sua volta, si lascia presentare come un elemento intermedio.
D. Come vede l'attuale situazione polacca?

R. La vedo come una lotta scatenata intorno a principi di cui non tratta direttamente il Messaggio pubblicato dalla TFP. Si tratta di due argomenti: primo, l'indipendenza polacca e il diritto di un popolo di essere indipendente, un diritto indiscutibile ma che è in gioco: alcuni polacchi lo desiderano, altri no; l'altro è la libertà interna della Polonia di discutere la libertà di espressione e di imporla, di dare al governo un orientamento auspicato dall'opinione pubblica. L'esercito nega questo. Ciò che è in gioco è la sovranità nazionale, la democrazia politica. In qualche modo, la pubblicazione del Messaggio proprio quando la tensione è aumentata in Polonia, è stata una coincidenza sfavorevole.
D. Potrebbe fare un'analisi di ciò che rappresenta Lech Walesa e Solidarietà in Polonia?

R. Sembra che in Solidarietà ci sia una divisione. Vi è da un lato ciò che si può chiamare il « nucleo duro » di Solidarietà che non vuole nessuna forma di accomodamento con le autorità comuniste e che desidererebbe spingere la resistenza a queste autorità a un punto di tensione, se necessario anche la guerra. C'è un'altra zona, che chiamerei forse «periferia molle» di Solidarnosc, che vuole una composizione col governo, ritenendo che se vi fosse un conflitto con la Russia la Polonia sarebbe schiacciata, che la guerra non verrà in nessun modo, ma l'imposizione di un comunismo brutale. Walesa fa parte di questa seconda tendenza. lo trovo questa seconda tendenza meno simpatica della prima.
D. Nel libro pubblicato dalla TFP, “Mezzo secolo di epopea anticomunista” (cap. 60), Lei afferma che la TFP è «per sua natura un'entità extrapartitica». Come spiega allora che nel suo Messaggio accusa direttamente il PS francese di incrementare la guerra psicologica rivoluzionaria all'interno delle nazioni?

R. Una volta che la Francia si propone di esportare la sua ideologia, con tutto il prestigio, con tutta l'influenza dello Stato francese, mi sento, come brasiliano, coinvolto negli affari interni della Francia, che cessano di essere interni a partire dal momento in cui diventano affari di esportazione. Pertanto ritengo di stare nel mio diritto quando metto in guardia su questo i brasiliani, così come quelli della TFP argentina, nordamericana e di qualsiasi altro luogo.
D. Perché Lei si rifiuta tassativamente di rivelare chi ha pagato gli annunci della TFP?

R. Non ho mai detto che rifiuterei tassativamente di ricordarlo, né per sempre. Non è solo un'annuncio pubblicato da una TFP. Sono tredici, giuridicamente ed economicamente autonome. Esse devono assumersi le spese delle rispettive propagande. Non voglio dare i nomi delle persone che hanno pagato in Brasile. Li darò ad ogni autorità accreditata. Da questa domanda, sembra che la TFP abbia qualcosa da nascondere in questo rifiuto. Quel che è necessario discutere è se questo messaggio corrisponde o no al bene comune.

(Intervista di Plinio Corrêa de Oliveira, rilasciata al quotidiano “Folha de S. Paulo” il 19-12-1981 a proposito del messaggio su “Il socialismo autogestionario in vista del comunismo, una barriera o una testa di ponte?”)

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