Questa dichiarazione costituiva un'accurata analisi del problema e si intitolava significativamente: «La politica di distensione vaticana verso i governi comunisti: per la TFP, tacere o resistere?», ed occupava tre quarti di pagina del quotidiano "Folha de S. Paulo" (10.4.1974). Il suo linguaggio era rispettoso ma allo stesso tempo molto franco. Suo passo-chiave, che riassumeva lo spirito con cui era stata scritta, era il seguente: «Ci rivolgiamo finalmente al Pastore dei Pastori dicendo: la nostra anima è Vostra, la nostra vita è Vostra. Comandateci ciò che volete; ma non chiedeteci d'incrociare le braccia davanti al lupo rosso che attacca. A questo la nostra coscienza si oppone». Questo documento fu riportato su 73 quotidiani o riviste di 11 nazioni, senza che nessuno, a quanto mi risulta, abbia potuto rivolgere la minima obiezione sull'ortodossia e la correttezza canonica della dichiarazione. Da allora fino ad adesso, non conosco alcun pronunciamento sul comunismo, proveniente da fonte vaticana, che possa bilanciare quella che potremmo perlomeno definire l'unilateralità dell'Ostpolitik vaticana. «Non conosco», ho detto; noti però il lettore che non sto sostenendo che tale pronunciamento non esista. La produzione dottrinale postconciliare è così vasta, che dubito molto che, in ambienti non strettamente specialistici, vi sia qualcuno che la conosca per intero, così, da poter affermare che, perlomeno in questo o in quell'inciso di tale o talaltro documento, non si possa trovare un qualche pronunciamento di tassativa condanna verso il comunismo. Comunque, questo è così improbabile che, se qualcuno mi mostrasse un tale inciso, mi procurerebbe tanta sorpresa quanta soddisfazione...
Possiamo dire che, con l'apparizione dell'Istruzione del cardinale Ratzinger, concernente «alcuni aspetti della teologia della liberazione», qualcosa è mutato in questo desolante panorama: essa infatti mette in guardia i cattolici dalle deviazioni dottrinarie, d'ispirazione marxista, che si diffondono ampiamente in vaste zone del Brasile e dell'America del Sud, e che sono gravemente responsabili, a mio parere, di questa vera febbre di agitazioni sociali che va diffondendosi all'interno del Brasile, con evidente tendenza a radicalizzarsi ed a trasformarsi in un'immensa guerriglia. Per chi si affligge davanti a questo scenario, che per ora è tragico ma che potrà in breve diventare apocalittico, il vedere che un'istituzione come la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede sostiene, nero su bianco, l'incompatibilità della dottrina cattolica col comunismo, è come se, durante un incendio, si avvertisse giungere, insospettatamente, un getto di acqua fresca e benefica lanciato da un idrante dei pompieri. In qualità di Presidente del Consiglio Nazionale della TFP brasiliana, primo firmatario della suddetta dichiarazione di opposizione alla Ostpolitik vaticana, spetta a me il dovere di giustizia di manifestare qui la gioia, la gratitudine e soprattutto la speranza che provo nell'avvertire, in mezzo all'incendio, l'arrivo di questo sollievo. So che fratelli nella Fede esterni agli ambienti della TFP, soprattutto fuori del Brasile, si astengono dal manifestare analoghi sentimenti, soprattutto perché giudicano che un solo getto d'acqua è insufficiente a spegnere tutto un incendio. Anch’io penso che un solo getto d'acqua non spegne un incendio; questo non impedisce però di accoglierlo come un sollievo. Tanto più che non possiamo provare che questo getto d'acqua resterà l'unico. L'Istruzione del cardinale Ratzinger non è forse giunta inaspettata? Un provvedimento inatteso non invita a sperarne altri nella stessa linea, anch'essi più o meno inaspettati? Nello scrivere queste riflessioni, è ovvio che getti uno sguardo su quello che potremmo chiamare «l'indomani» dell'intero baccano pubblicitario fatto dalla stampa internazionale sulla controversia «Ratzinger-Boff», come l'ha chiamata la stampa stessa. Se ne è occupato il mondo intero, dagli organi di diffusione comunisti a quelli più anticomunisti: «da un estremismo ad un altro estremismo», dirà qualcuno... Nel momento in cui detto questa espressione, ho in mano un bastone, e mi domando se sarebbe possibile averne uno privo di estremità. Qualcuno potrebbe dirmi di sì: basterebbe tagliare i due estremi del bastone. Ma anche se li tagliassimo, si vedrebbe che il bastone continuerebbe ad avere due estremità, che, essendo meno distanti dalle punte, potremmo forse chiamare «centro-destra» e «centro-sinistra»! Ecco dunque che il nostro uomo, afflitto, taglia le nuove estremità, per poi ripetere l'operazione, fino ad esaurire il bastone. La caccia relativistica agli estremismi si compie, con l'opinione pubblica, esattamente come si compirebbe applicandola al bastone. Ma dopo aver dato di passaggio una puntata di spillo ai fanatici del centrismo, torno al mio argomento.
L'opinione pubblica è tanto esausta delle manipolazioni di ogni genere, da parere che soffra di atonia. È bastato che padre Boff tornasse in Brasile, perché i riflettori si spegnessero su di lui, si ammutolissero gli altoparlanti e tacessero i giornali; e la gente si è ben volentieri sottratta a questa suspense, per tornare a respirare un po' tra le bagattelle, prive di preoccupazioni, della vita quotidiana. Ma il Vaticano, sempre egregiamente informato, sa che la «teologia della liberazione» non ha per questo smesso di crepitare in questa America del Sud, e che specialmente gli errori di questa teologia, alcuni dei quali sono stati finalmente additati dall'Istruzione, stanno riacquistando tutta la loro vitalità nella stessa misura in cui sull'istruzione scende una cortina di oblio. Tutto ciò ci fa pensare che accada l'inevitabile: secondo la logica dell'Istruzione stessa, cioè, è chiaro che si deve temere l'aggravamento di questi errori, se non si oppongono loro ostacoli dottrinali e pratici. E' nostro dovere sperare che tali ostacoli vengano eretti.
(Plinio Corrêa de Oliveira - Folha de S. Paulo, 10-12-1984 (sull'Istruzione del cardinale Ratzinger, concernente «alcuni aspetti della teologia della liberazione»)
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